Sea Living Sicilia è distante dal parco archeologico di Solunto 1,6 km, circa 23 minuti a piedi. La strada è tutta in salita. Si consiglia di indossare scarpe da trekking e di non avventurarsi se non si è abituati a certi percorsi ( clicca qui per 1visualizzare la mappa )

Pochi posti in Europa hanno un sito archeologico di cosi rara bellezza e una vista mozzafiato.

Solunto è sempre stata creduta come una delle tre città Fenicie fondate in Sicilia. Alcuni studiosi non sono molto d’accordo con questa tesi chiedendosi perché questo popolo, marinaro e di commercio,abbia costruito un sito poco adatto ai loro scopi.

Leggendo i  testi di Diodoro Siculo che, fra gli storici delle cose di Sicilia è il più affidabile, si ricava che Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa, durante la guerra con i cartaginesi, nel 396 a.C. espugnò Solunto, prendendola per tradimento e dopo avere distrutto il territorio si accaniva a distruggere le mura della città. Probabilmente fu questo il momento in cui il vecchio insediamento venne abbandonato.

Nel corso del secolo scorso mirate ricognizioni e indagini archeologiche sono state condotte nell’area per individuare la localizzazione del sito originario della città: una svolta decisiva si ebbe quando alcuni archeologi orientarono le ricerche verso la pianura che si trova ad est di Monte Catalfano, nel territorio di Sòlanto in prossimità della tonnara.
La campagna di scavi, a cura della Soprintendenza ai Beni Culturali, svolta tra il 1992 e il 1997, grazie al progredire delle tecniche di indagine archeologica, diedero subito risultati soddisfacenti: furono rinvenuti infatti, rilevanti tracce di abitato certamente anteriore al IV sec. a.C. (una antica fornace e alcune installazioni artigianali) databili almeno a partire dal VII sec. a.C.

Nel luogo di accesso all’area archeologica sorge un piccolo museo dove sono esposti alcuni reperti provenienti anche da scavi recenti, che esemplificano le varie fasi di vita della città: calchi di monete, frammenti di vasi greci e di ceramica italiota, reperti di età romana, sculture di terracotta, nonché una serie di reperti subacquei ed una interessante documentazione fotografica e topografica.

Gli edifici più importanti

L’edificio monumentale più noto e meglio conservato è la cosiddetta Casa di Leda (II sec. a.C.-I sec. d.C.) – così denominata dalla raffigurazione di Leda (mitica regina di Sparta) e il cigno su una parete del triclinio, una grande dimora a tre livelli con un grande peristilio, ambienti decorati da pitture con pavimenti a mosaico e in “opus signinum” (coccio pesto con tessere marmoree inserite, in modo da costituire motivi geometrici), tra i quali spicca la rappresentazione di una sfera armillare ( astrolabio ).

Situata nella strada principale della città, al pianterreno della lussuosa casa si aprivano le “tabernae” (botteghe) dotate di mezzanino. Di grande interesse, sebbene lo stato di conservazione sia estremamente precario, anche il cosiddetto “Gymnasium”: questa denominazione, erronea, fu dovuta al ritrovamento nelle vicinanze dell’edificio di una iscrizione greca con dedica a un ginnasiarca. Si tratta, in realtà, di una ricca domus patrizia a peristilio disposta su tre livelli principali (il vero ginnasio, ovvero una palestra, è stato identificato in un grande edificio addossato al teatro), dove il professore Cavallari nel 1886 fece mettere in piedi alcune colonne doriche scannellate sormontate da architrave; vivissime sono state le polemiche su questa “ricostruzione” ma tutto sommato si tratta di un po’ di vita tra queste rovine mute da tanti secoli.

Altre importanti testimonianze dell’antico abitato degne di nota sono, la casa delle Maschere, la casa delle Ghirlande, la casa di Arpocrate e la più modesta, ma non meno interessante, Casa del Cerchio a mosaico, tutti edifici che presentano eleganti decorazioni musive e pittoriche di particolare rilievo sia per la qualità artistica, sia per la finezza della tecnica di lavorazione.


Attorno alla zona dell’Agorà, una vasta area rettangolare limitata da una “Stoà” a paraskenia (tipico portico colonnato), oltre agli edifici privati più prestigiosi, si concentrano gli edifici di “pubblica utilità”: il Teatro e il limitrofo bouleuterion, il luogo dove si riuniva il consiglio cittadino (il boulè); la grande cisterna pubblica coperta a volta e pavimento a mosaico; il complesso termale, il quartiere artigianale e il complesso delle strutture religiose.

Particolarmente interessante è la zona degli edifici sacri, in prevalenza di tradizione fenicio-punica: un primo complesso sacro, il più noto, si trova all’inizio dell’Agorà. Tre “betili” (pietre a cui si attribuisce una funzione sacra) su un basamento delimitano un altare all’aperto sul quale, a giudicare dal numero delle ossa che vi sono state ritrovate, dovevano avvenire sacrifici di animali. Presso questo altare sorge il secondo complesso sacro, costituito da diversi ambienti contigui accessibili dall’esterno dove, probabilmente esistevano le stalle destinate ad ospitare gli animali da sacrificare: si è supposto che nelle celle coperte a volta di questo edificio fossero collocati in origine le due statue, l’una maschile, di ZeusBaal Hammon, l’altra di una divinità femminile in trono, i reperti di maggiore interesse trovati tra le rovine di Solunto all’epoca dei primi scavi nel 1825, oggi esposti al Museo Archeologico Salinas di Palermo, come buona parte del cospicuo e ricco patrimonio  archeologico ritrovato  fra le rovine della città.

La necropoli di Solunto, si estende lungo il versante orientale di Monte Catalfano in località Campofranco-Olivetano  su un’area contigua alla stazione ferroviaria di Santa Flavia.
Si tratta di un’area di ampia estensione con  numerose sepolture fittamente stratificate inquadrabili, in base ai materiali rinvenuti, in un arco cronologico che va dall’inizio del III sec. a.C almeno fino alla fine del I sec. d.C., dunque relativa alla fase tardo-ellenistica-romana dell’abitato soluntino.
Le tombe scavate nel banco compatto di calcarenite, che caratterizza la natura del sottosuolo, presentano una tipologia costante, peculiare delle aree cimiteriali fenicio-puniche. Il tipo di sepoltura più diffuso consiste in un semplice loculo rettangolare destinato a contenere una singola inumazione. Ma sono presenti anche tombe con una o due camere ipogeiche con ripiani per la collocazione dei sarcofagi e con un ampio “dromos” che conduce all’ingresso provvisto di gradini.
Altro cospicuo numero di tombe, non dissimili dalle precedenti, sono state rinvenute nell’area arcaica scavata tra il 1968 e il 1993 dal Tusa e dall’archeologa Caterina Greco attuale direttrice del museo Salinas.

Un altro significativo nucleo di sepolture è stato portato alla luce, in circostanze fortuite (in seguito a lavori edili) nel 2009, in una zona nelle vicinanze del pianoro di San Cristoforo, che presumibilmente nasconde ancora ampi lembi della necropoli.
Per quanto concerne le caratteristiche strutturali dei sepolcreti soluntini, si tratta di  tipologie funerarie già ampiamente documentate in altre necropoli siciliane di epoca arcaica e classica.